mercoledì 26 marzo 2014

Una mano tesa ad anvolt, nel nome del padre.

 

Una mano tesa ad anvolt, nel nome del padre.

Bruno Bertani


Così, ogni settimana, accompagnava una ragazza non vedente dalla nascita – e più o meno della sua età – a spasso per Parma. Era simpatica, con un senso dell’umorismo molto delicato, lo teneva sotto braccio e gli raccontava le ultime barzellette sentite dalla radio. L’unica cosa che lei gli chiedeva era di parlarle di continuo di tutto quello che vedeva intorno a loro.
Per farle piacere Andrea non si fermava mai, spesso si inventava anche delle cose inverosimili, ma sempre divertenti. Lei faceva finta di crederci, dal suo mondo privo di luce aggiungeva dettagli ancora più surreali che li facevano ridere come matti.
Una volta, però, Andrea, studente di Economia, l’ha fermata proprio davanti a un negozio di scarpe, ha guardato a lungo i modelli esposti e le ha detto serio: “Ah, in questa vetrina c’è un paio di scarpe azzurre bellissime, che ti comprerò con il mio primo stipendio da commercialista!”. “Ma che cosa è l’azzurro?” gli ha risposto immediatamente la ragazza. Per la prima volta da quando passeggiavano insieme Andrea è rimasto così a bocca aperta.

Andrea Bertani



























Sentiva dentro di sé che doveva darle una risposta, magari spensierata ma valida per la sua anima che non aveva mai ammirato i colori. Purtroppo non l’ha trovata questa risposta, la ragazza si è intristita e lui non ha dormito tutta la notte, crogiolandosi per non aver saputo trovare le parole giuste. Dopo un po’ Andrea ha deciso di andarsene dall’associazione, spiegando al suo presidente che per lui essere un bravo volontario significava soprattutto caricare le persone assistite di ottimismo, di speranza e di non deluderle mai. Doni che Andrea sentiva di non possedere, ecco perché preferiva non continuare.
Rimanendo però convinto che il volontariato fosse una cosa molto buona, la vera eminenza della solidarietà. Nello stesso tempo una cosa molto difficile da fare e carica di responsabilità. Insomma, utilissima quando fatta come si deve e svolta da persone come lui, per bene, non solo però dotate di un cuore grande come il suo, ma capaci di trovare una soluzione rapida anche nelle situazioni più delicate e ostiche.
Andrea ha cominciato a pensare intensamente a questa vecchia vicenda, quando ha saputo da amici che un’associazione nazionale di volontariato in campo oncologico aveva intenzione di sviluppare la sua attività anche a Parma.

Andrea Bertani
Il suo amatissimo papà Bruno si era spento di cancro nel 2011, a 69 anni, e prima di lasciarli aveva chiesto a lui e alla sorella Elena di aiutare chi si occupa della prevenzione di questa brutta malattia e assiste chi ne è colpito. Perché lui se ne era andato da questo mondo per colpa di un semplice melanoma, che se fosse stato scoperto prima, durante una visita di prevenzione, forse poteva essere fermato. E Andrea ricorda dei sei mesi terribili prima che il padre li lasciasse, quando c’è stato tanto bisogno di qualcuno accanto a lui. E con questo pensiero in mente, quando hanno saputo della volontà dell’associazione di operare nella sua città natale, hanno avuto un’idea.
In breve hanno pensato di proporle come base per la sua attività un piano dell’edificio che il papà aveva costruito non solo come sede della sua ditta di telefonia, ma anche per andarci in un futuro a vivere. Purtroppo non ha dormito neanche una notte lì, ma adesso i fratelli potranno perfettamente soddisfare uno dei suoi ultimi desideri – dare una mano a coloro che aiutano, senza paura, gli ammalati di cancro sacrificandosi giorno dopo giorno. “Ma ricordando la mia esperienza di volontario – racconta oggi Andrea nel nuovissimo ufficio di anvolt a Parma – subito dopo aver saputo il nome dell’associazione, mi sono messo a fare delle ricerche per vedere se fosse un’istituzione valida”.
Perché secondo il quarantenne imprenditore, che oggi gestisce la ditta del papà, in giro ci sono tante strutture che si vantano di aiutare gli altri, ma con l’unico obiettivo di fare qualche soldo sporco, sfruttando il male della gente. Ha letto il sito dell’anvolt, ha fatto delle telefonate nella sede centrale dell’associazione a Milano e in diverse delegazioni, spesso facendo finta di essere un ammalato in cerca d’aiuto.
A parte le risposte positive alle sue domande, durante le sue ricerche Andrea si è convinto anche che i volontari di anvolt sono fatti della pasta giusta per questa vocazione, composta di cuore, capacità di reazione e passione. Allora ha telefonato a Milano proponendo “il piano di papà” a un prezzo di affitto simbolico e ricevendo subito dei ringraziamenti sinceri. “Sono sicuro che papà sarà contento e vi aiuterà da lassù per fare del bene a Parma” dice oggi Andrea e i suoi occhiali si coprono del fumo di un pianto nascosto, ma liberatorio.
RM

 

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