30 anni di Anvolt
Parlare della storia di anvolt è come raccontare la vicenda di una
grande famiglia perché è questo il termine che, meglio di altri,
riassume il clima che da sempre ha contraddistinto l’attività
dell’associazione. Anvolt è oggi, ed è stata in passato, una famiglia
composta nel corso del tempo da un numero sempre maggiore di volontari,
che opera nel campo del sociale con lo stesso spirito solidaristico che
caratterizza un gruppo di persone legate da una parentela. Famiglia –
quindi – è un termine che spiega alla perfezione gli inizi
dell’associazione, il perché stesso sia stata creata e con quale scopi
sia stata portata avanti.
Ecco come tutto è iniziato. Era il 1984 e alcuni di noi vivevano sulla propria pelle la triste vicenda del cancro. Ci si trovava insieme ad altre persone – e appunto ai loro parenti – nei corridoi dell’ospedale Niguarda di Milano, nel reparto di Radioterapia, alle prese con i problemi comuni che ci affliggevano. Alle difficoltà già di per sé portate dalla malattia si aggiungevano (per tutti, nessuno escluso) problemi pratici pressoché insormontabili.
Come far fronte all’esigenza di assistenza che i malati avevano quando non era la struttura pubblica a poterla soddisfare? Come conciliare la necessità di trasporti in ospedale per le cure dei propri parenti con le personali quotidiane esigenze lavorative, possibilmente evitando di spendere un patrimonio in taxi o trasporti privati? Ci si confrontava con i parenti degli altri malati arrovellandosi in cerca di una soluzione quando ci è venuto in mente di trovarcela da soli, creando una struttura no profit in grado di prendersi in carico un progetto del genere.
Un obiettivo enorme, certo, ma anche dal grande fascino e valore umano. Per questo siamo partiti con così grande impegno. Ci siamo rimboccati le maniche abbiamo creato una onlus circondandoci di tutte le persone che avevano la nostra stessa passione e le nostre medesime necessità, un’organizzazione di persone che, attraverso mezzi di trasporto propri e l’utilizzo del proprio tempo libero, si occupasse di chi era malato di cancro aveva bisogno di una mano. In breve ci siamo resi conto che un’organizzazione del genere non poteva basarsi solo sulle risorse personali ma aveva bisogno di fondi.
Per questo la via più funzionale al nostro operato che abbiamo pensato di utlizzare una metodologia di fund raising, vale a dire una raccolta fondi che ancora oggi – per la maggior parte – permette il sostentamento di tutte le attività dell’associazione. Abbiamo creato una squadra di volontari che chiamassero aziende e privati i cittadini per spiegare il progetto di Anvolt (questo il nome scelto) chiedendo in cambio una piccola offerta per sostenerlo. Con la garanzia – come è sempre stato – che ogni risorsa sarebbe stata utilizzata per le attività di sostegno ai malati di tumore, non per altro, all’insegna della trasparenza. Nella maggior parte dei casi abbiamo trovato una porta aperta e il sostegno dei nostri interlocutori. Non posso negare, ed è così ancora oggi, che qualcuno storca il naso al sentire che questo è il nostro metodo di raccolta fondi e in alcuni casi abbiamo ricevuto critiche anche gravi, ma difendo questo metodo perché nella vita la trasparenza è tutto e la solidarietà non ha strumenti migliori o peggiori per venire messa in atto.
La raccolta fondi telefonica è stata fin dagli esordi la più funzionale al progetto e proteggiamo a denti stretti questa scelta fatta ormai trent’anni fa con lo spirito di chi aveva a cuore la propria famiglia. Racconto questo perché per me oggi – a trent’anni di distanza da quei momenti – è fondamentale ricordare come alla base dell’attività di anvolt (di ogni sua attività da quel momento in poi) ci siano le esigenze dei cittadini. L’associazione è nata e ha strutturato la sua attività ascoltando le richieste di servizi in ambito oncologico da parte delle persone in difficoltà e cercando di rispondere in maniera positiva alle loro domande.
E così, attraverso assistenza ai malati e trasporti, abbiamo iniziato la nostra attività e capito che qualcosa di grande stava per nascere. Non è trascorso molto tempo che abbiamo compreso come non poteva essere solo Milano il luogo dove era necessario costruire un servizio del genere, ma tutta l’Italia. Abbiamo cominciato a inaugurare le prime delegazioni nel nord est, grazie all’aiuto di alcune persone indimenticabili per noi, come Renzo, volontario che ci ha aiutato a inaugurare la delegazione di Varese, e poi Genova e Torino, scomparso non molto tempo fa proprio per un tumore al polmone. Penso anche a Brusati, uno dei pionieri di anvolt Novara e poi a Filippo Sicilia che ha “aiutato” i natali di anvolt a Vicenza, Verona, Padova, Catanzaro e Catania.
Grazie al loro impegno, e a quello di tante altre persone, i cittadini hanno cominciato a sentir parlare dell’associazione con assiduità e finalmente ovunque, nelle corsie degli ospedali, i parenti in difficoltà hanno iniziato a sentire di un’offerta in più di aiuto. Di un’associazione che tendeva loro una mano. Senza chiedere nulla in cambio a chi necessitava direttamente dei suoi servizi, ma contando solo sulla generosità dei sostenitori. Nel corso degli anni l’attività è cresciuta anche se non è stata tutta rose e fiori, e ribadisco che il dover combattere con un certo tipo di diffidenza è stata una costante delle nostre giornate.
Diffidenza non solo verso chi chiedeva soldi al telefono, ma anche nei confronti di chi aveva la pretesa, secondo alcuni, di sostituirsi all’attività degli ospedali o di certe grandi strutture private che tradizionalmente operano in questo campo di attività. La nostra riposta è sempre stata che noi vogliamo essere una risorsa in più per i cittadini, un valido aiuto alla struttura pubblica con la quale operare in sinergia e un concorrente leale, disinteressato, di chi – da privato – eroga dei servizi simili ai nostri. Lo dico perché è giusto parlare delle difficoltà che abbiamo incontrato in questo lungo cammino e altrettanto corretto descrivere come abbiamo cercato di superarle, sempre nel segno della chiarezza e della trasparenza.
Con il trascorrere del tempo abbiamo compreso poi che era necessario occuparci di un altro aspetto fondamentale nel contrasto dei tumori, forse il più importante di tutti perché in grado di contrastare a priori la patologia. Oltre ai trasporti e all’assistenza abbiamo abbracciato il campo della prevenzione. Era evidente che la soluzione migliore per prevenire il cancro stava nel controllarsi per tempo e con regolarità e abbiamo così deciso di aprire degli ambulatori che effettuassero visite di prevenzione dei tumori femminili in orario post lavorativo. Un orario comodo per le donne che, impegnate in ufficio, non avevano la possibilità di farsi una visita di controllo a causa della mancanza di tempo e delle difficoltà organizzative della vita professionale.
In breve, dopo l’inaugurazione del primo a Vicenza, gli ambulatori hanno registrato un tutto esaurito e sono diventati il vero cuore pulsante della nostra attività. Ne abbiamo aperti in 20 città fino all’ultimo, inaugurato a Predazzo in Trentino. Abbiamo in seguito aggiunto un’altra mattonella. Un aspetto decisivo legato al tema della prevenzione è la lotta al fumo di sigaretta, per contrastare il quale ci siamo inventati un concorso di disegno per bambini, “Lotta al tabagismo”, in cui i bambini delle scuole elementari vengono impegnati nella realizzazione di un disegno su questo tema, potendo aggiudicarsi una settimana premio a Roma insieme ai loro genitori. Siamo giunti alla XIX edizione e il concorso ha allargato di molto il suo raggio d’azione fino a “espatriare” in Bulgaria, Romania, Ucraina, Macedonia, Estonia, Turchia e Moldavia. In Romania siamo stati tra i primi a portare il concetto di volontariato – che in quei luoghi non si conosceva – attraverso progetti di difesa dei bambini colpiti dall’Hiv. Nel frattempo ci siamo legati a personalità del mondo medico che apprezzassero l’operato dell’associazione, in maniera da conquistarci la meritata legittimità a livello scientifico e istituzionale.
Non posso non citare in questo percorso personalità del calibro del dr. Landonio, con il quale abbiamo organizzato i primi progetti di prevenzione, il dr. Pellai, che ha cominciato a collaborare fattivamente con noi nel medesimo ambito, il dr. Suprani, Capitano del Terzo Corpo D’Armata che ci ha aiutato a realizzare uno dei primi convegni internazionali organizzati dall’associazione insieme con la N.A.T.O. Personaggi che, una volta conosciuta, hanno da subito apprezzato anvolt sostenendone l’attività attraverso la loro presenza ai convegni e la consulenza professionale, donandole lustro.
Queste persone insieme ai delegati responsabili degli uffici locali, alcuni dei quali ci accompagnano ormai da molto tempo, sono coloro che hanno permesso la costruzione del castello dalle solide fondamenta in cui “viviamo” oggi. Anche a livello locale infatti abbiamo portato avanti con successo progetti che ci hanno permesso di far nascere e consolidare il rapporto con le istituzioni. Proprio queste ultime ormai ci riconoscono come degli interlocutori affidabili nella gestione di un certo genere di servizi sociali. Penso a progetti come “Trent’anni di Solit’Udine” nella città friulana o alle iniziative messe in atto con il CSV (Centro Servizi per il Volontariato) nella città di Novara. Sono solo due semplici esempi del grande mare di iniziative che i delegati anvolt portano avanti con successo da tempo in tutta Italia.
Oggi che compiam o trent’anni, e nonostante le difficoltà cresciamo attraverso l’inauguraz ione della delegazione di Parma, non posso far altro che ringraziare tutti i membri della nostra serena famiglia allargata. Penso ai sostenitori e ai volontari, a quelli di antica data e a quelli nuovi, senza il cui entusiasmo il racconto che avete potuto leggere in queste pagine avrebbe di certo avuto uno svolgimento diverso e meno piacevole. Infine, è giusto anche dare uno sguardo al futuro. Come ho già preannunciato, il 2014 sarà il mio ultimo anno alla presidenza dell’associazione, una carica entusiasmante ma al tempo stesso gravosa di impegni che non me la sento più di affrontare.
So però di lasciare anvolt in buone mani. Nel corso del tempo per esempio una nuova generazione, anche grazie al Servizio Civile, è cresciuta fianco a fianco alla “vecchia guardia”, e ha rinfocolato le fila dei volontari che ogni giorno combattono la pesante battaglia della lotta ai tumori. Diverse idee e spunti di progettazione nel campo della p r e v e n z i o n e sono allo studio per essere realizzati nei prossimi anni, in Italia e all’estero. Il monitoraggio del territorio è costante, in maniera che c e r t a m e n t e presto nuove bandierine con il vessillo dell’associazione spunteranno in luoghi d’Italia dove ancora non siamo presenti. In questo momento di celebrazione – pur velato da un velo di malinconia – mi guardo indietro e vedo trent’anni di battaglie culminate da risultati positivi. Che sono in grado di garantire, per quelli a venire, una serie di soddisfazioni per il mondo anvolt.
Ecco come tutto è iniziato. Era il 1984 e alcuni di noi vivevano sulla propria pelle la triste vicenda del cancro. Ci si trovava insieme ad altre persone – e appunto ai loro parenti – nei corridoi dell’ospedale Niguarda di Milano, nel reparto di Radioterapia, alle prese con i problemi comuni che ci affliggevano. Alle difficoltà già di per sé portate dalla malattia si aggiungevano (per tutti, nessuno escluso) problemi pratici pressoché insormontabili.
Come far fronte all’esigenza di assistenza che i malati avevano quando non era la struttura pubblica a poterla soddisfare? Come conciliare la necessità di trasporti in ospedale per le cure dei propri parenti con le personali quotidiane esigenze lavorative, possibilmente evitando di spendere un patrimonio in taxi o trasporti privati? Ci si confrontava con i parenti degli altri malati arrovellandosi in cerca di una soluzione quando ci è venuto in mente di trovarcela da soli, creando una struttura no profit in grado di prendersi in carico un progetto del genere.
Un obiettivo enorme, certo, ma anche dal grande fascino e valore umano. Per questo siamo partiti con così grande impegno. Ci siamo rimboccati le maniche abbiamo creato una onlus circondandoci di tutte le persone che avevano la nostra stessa passione e le nostre medesime necessità, un’organizzazione di persone che, attraverso mezzi di trasporto propri e l’utilizzo del proprio tempo libero, si occupasse di chi era malato di cancro aveva bisogno di una mano. In breve ci siamo resi conto che un’organizzazione del genere non poteva basarsi solo sulle risorse personali ma aveva bisogno di fondi.
Per questo la via più funzionale al nostro operato che abbiamo pensato di utlizzare una metodologia di fund raising, vale a dire una raccolta fondi che ancora oggi – per la maggior parte – permette il sostentamento di tutte le attività dell’associazione. Abbiamo creato una squadra di volontari che chiamassero aziende e privati i cittadini per spiegare il progetto di Anvolt (questo il nome scelto) chiedendo in cambio una piccola offerta per sostenerlo. Con la garanzia – come è sempre stato – che ogni risorsa sarebbe stata utilizzata per le attività di sostegno ai malati di tumore, non per altro, all’insegna della trasparenza. Nella maggior parte dei casi abbiamo trovato una porta aperta e il sostegno dei nostri interlocutori. Non posso negare, ed è così ancora oggi, che qualcuno storca il naso al sentire che questo è il nostro metodo di raccolta fondi e in alcuni casi abbiamo ricevuto critiche anche gravi, ma difendo questo metodo perché nella vita la trasparenza è tutto e la solidarietà non ha strumenti migliori o peggiori per venire messa in atto.
La raccolta fondi telefonica è stata fin dagli esordi la più funzionale al progetto e proteggiamo a denti stretti questa scelta fatta ormai trent’anni fa con lo spirito di chi aveva a cuore la propria famiglia. Racconto questo perché per me oggi – a trent’anni di distanza da quei momenti – è fondamentale ricordare come alla base dell’attività di anvolt (di ogni sua attività da quel momento in poi) ci siano le esigenze dei cittadini. L’associazione è nata e ha strutturato la sua attività ascoltando le richieste di servizi in ambito oncologico da parte delle persone in difficoltà e cercando di rispondere in maniera positiva alle loro domande.
E così, attraverso assistenza ai malati e trasporti, abbiamo iniziato la nostra attività e capito che qualcosa di grande stava per nascere. Non è trascorso molto tempo che abbiamo compreso come non poteva essere solo Milano il luogo dove era necessario costruire un servizio del genere, ma tutta l’Italia. Abbiamo cominciato a inaugurare le prime delegazioni nel nord est, grazie all’aiuto di alcune persone indimenticabili per noi, come Renzo, volontario che ci ha aiutato a inaugurare la delegazione di Varese, e poi Genova e Torino, scomparso non molto tempo fa proprio per un tumore al polmone. Penso anche a Brusati, uno dei pionieri di anvolt Novara e poi a Filippo Sicilia che ha “aiutato” i natali di anvolt a Vicenza, Verona, Padova, Catanzaro e Catania.
Grazie al loro impegno, e a quello di tante altre persone, i cittadini hanno cominciato a sentir parlare dell’associazione con assiduità e finalmente ovunque, nelle corsie degli ospedali, i parenti in difficoltà hanno iniziato a sentire di un’offerta in più di aiuto. Di un’associazione che tendeva loro una mano. Senza chiedere nulla in cambio a chi necessitava direttamente dei suoi servizi, ma contando solo sulla generosità dei sostenitori. Nel corso degli anni l’attività è cresciuta anche se non è stata tutta rose e fiori, e ribadisco che il dover combattere con un certo tipo di diffidenza è stata una costante delle nostre giornate.
Diffidenza non solo verso chi chiedeva soldi al telefono, ma anche nei confronti di chi aveva la pretesa, secondo alcuni, di sostituirsi all’attività degli ospedali o di certe grandi strutture private che tradizionalmente operano in questo campo di attività. La nostra riposta è sempre stata che noi vogliamo essere una risorsa in più per i cittadini, un valido aiuto alla struttura pubblica con la quale operare in sinergia e un concorrente leale, disinteressato, di chi – da privato – eroga dei servizi simili ai nostri. Lo dico perché è giusto parlare delle difficoltà che abbiamo incontrato in questo lungo cammino e altrettanto corretto descrivere come abbiamo cercato di superarle, sempre nel segno della chiarezza e della trasparenza.
Con il trascorrere del tempo abbiamo compreso poi che era necessario occuparci di un altro aspetto fondamentale nel contrasto dei tumori, forse il più importante di tutti perché in grado di contrastare a priori la patologia. Oltre ai trasporti e all’assistenza abbiamo abbracciato il campo della prevenzione. Era evidente che la soluzione migliore per prevenire il cancro stava nel controllarsi per tempo e con regolarità e abbiamo così deciso di aprire degli ambulatori che effettuassero visite di prevenzione dei tumori femminili in orario post lavorativo. Un orario comodo per le donne che, impegnate in ufficio, non avevano la possibilità di farsi una visita di controllo a causa della mancanza di tempo e delle difficoltà organizzative della vita professionale.
In breve, dopo l’inaugurazione del primo a Vicenza, gli ambulatori hanno registrato un tutto esaurito e sono diventati il vero cuore pulsante della nostra attività. Ne abbiamo aperti in 20 città fino all’ultimo, inaugurato a Predazzo in Trentino. Abbiamo in seguito aggiunto un’altra mattonella. Un aspetto decisivo legato al tema della prevenzione è la lotta al fumo di sigaretta, per contrastare il quale ci siamo inventati un concorso di disegno per bambini, “Lotta al tabagismo”, in cui i bambini delle scuole elementari vengono impegnati nella realizzazione di un disegno su questo tema, potendo aggiudicarsi una settimana premio a Roma insieme ai loro genitori. Siamo giunti alla XIX edizione e il concorso ha allargato di molto il suo raggio d’azione fino a “espatriare” in Bulgaria, Romania, Ucraina, Macedonia, Estonia, Turchia e Moldavia. In Romania siamo stati tra i primi a portare il concetto di volontariato – che in quei luoghi non si conosceva – attraverso progetti di difesa dei bambini colpiti dall’Hiv. Nel frattempo ci siamo legati a personalità del mondo medico che apprezzassero l’operato dell’associazione, in maniera da conquistarci la meritata legittimità a livello scientifico e istituzionale.
Non posso non citare in questo percorso personalità del calibro del dr. Landonio, con il quale abbiamo organizzato i primi progetti di prevenzione, il dr. Pellai, che ha cominciato a collaborare fattivamente con noi nel medesimo ambito, il dr. Suprani, Capitano del Terzo Corpo D’Armata che ci ha aiutato a realizzare uno dei primi convegni internazionali organizzati dall’associazione insieme con la N.A.T.O. Personaggi che, una volta conosciuta, hanno da subito apprezzato anvolt sostenendone l’attività attraverso la loro presenza ai convegni e la consulenza professionale, donandole lustro.
Queste persone insieme ai delegati responsabili degli uffici locali, alcuni dei quali ci accompagnano ormai da molto tempo, sono coloro che hanno permesso la costruzione del castello dalle solide fondamenta in cui “viviamo” oggi. Anche a livello locale infatti abbiamo portato avanti con successo progetti che ci hanno permesso di far nascere e consolidare il rapporto con le istituzioni. Proprio queste ultime ormai ci riconoscono come degli interlocutori affidabili nella gestione di un certo genere di servizi sociali. Penso a progetti come “Trent’anni di Solit’Udine” nella città friulana o alle iniziative messe in atto con il CSV (Centro Servizi per il Volontariato) nella città di Novara. Sono solo due semplici esempi del grande mare di iniziative che i delegati anvolt portano avanti con successo da tempo in tutta Italia.
Oggi che compiam o trent’anni, e nonostante le difficoltà cresciamo attraverso l’inauguraz ione della delegazione di Parma, non posso far altro che ringraziare tutti i membri della nostra serena famiglia allargata. Penso ai sostenitori e ai volontari, a quelli di antica data e a quelli nuovi, senza il cui entusiasmo il racconto che avete potuto leggere in queste pagine avrebbe di certo avuto uno svolgimento diverso e meno piacevole. Infine, è giusto anche dare uno sguardo al futuro. Come ho già preannunciato, il 2014 sarà il mio ultimo anno alla presidenza dell’associazione, una carica entusiasmante ma al tempo stesso gravosa di impegni che non me la sento più di affrontare.
So però di lasciare anvolt in buone mani. Nel corso del tempo per esempio una nuova generazione, anche grazie al Servizio Civile, è cresciuta fianco a fianco alla “vecchia guardia”, e ha rinfocolato le fila dei volontari che ogni giorno combattono la pesante battaglia della lotta ai tumori. Diverse idee e spunti di progettazione nel campo della p r e v e n z i o n e sono allo studio per essere realizzati nei prossimi anni, in Italia e all’estero. Il monitoraggio del territorio è costante, in maniera che c e r t a m e n t e presto nuove bandierine con il vessillo dell’associazione spunteranno in luoghi d’Italia dove ancora non siamo presenti. In questo momento di celebrazione – pur velato da un velo di malinconia – mi guardo indietro e vedo trent’anni di battaglie culminate da risultati positivi. Che sono in grado di garantire, per quelli a venire, una serie di soddisfazioni per il mondo anvolt.
di Osvaldo Previato – Presidente anvolt